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Correggere con amore è indice di maturità! Non dimenticatelo!

Correggere con amore è indice di maturità! Non dimenticatelo!

Siamo portate a pensare che correggere sia compito solo di insegnanti ed educatori, ma non è così.

Sul lavoro, se ricopriamo qualche incarico di responsabilità o per un’esperienza più approfondita nel settore, automaticamente indichiamo linee guida a chi ci circonda.

Tra amiche, i consigli e i rimbrotti sono spesso manifestazioni di un intento formativo: ci poniamo a guida di chi ci affida preoccupazioni e gioie.

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Ma è soprattutto in famiglia che questo dovere automatico si insinua nei nostri cuori: una vocazione pedagogica naturale ci spinge a indirizzare figli o nipoti sulle modalità comportamentali da assumere nel privato, in società e nella scuola.

Siamo chiamate ad un’altissima missione: quella di plasmare giovani vite ad affrontare il mondo e se stesse in maniera seria, disciplinata e profonda.

Ma come fare per assolvere questo dovere in forma piena? Pronte? Iniziamo!

Correggere

Correggere gentilmente è sintomatico di maturità

Una buona correzione prevede compassione, saggezza, comprensione: l’errore non deve essere affrontato con durezza, né con punizioni severe. Va, piuttosto, raddrizzato verso un cammino più opportuno facendo leva sulle risorse interiori di chi lo ha compiuto e sulle proprie. Bisogno segnalare lo sbaglio, senza coinvolgere colui che l’ha commesso nei rimproveri: l’azione è manchevole, non l’individuo. Questa distinzione nel rimprovero è fondamentale, poiché, se l’individuo viene giudicato manchevole, perde autostima.

Per riuscire a esplicitare sempre questa importantissima distinzione tra il fatto e la persona, è necessaria una profonda maturità e un’analisi attenta dei propri limiti. Quando ci riconosciamo imperfette in prima persona e ci auto-correggiamo, lì troviamo le motivazioni per giustificare le nostre distrazioni. Lo stesso dobbiamo fare quando siamo chiamate ad educare gli altri.

Se, invece, proiettiamo sul malcapitato le nostre frustrazioni e ci alteriamo con lui, rischiamo non solo di distruggere il suo ego, ma anche di esternare un atteggiamento censorio che ci sentiamo cucito addosso a causa del nostro stesso inciampare quotidiano. Sentirsi umiliati non avrà altro effetto sull’animo umano che quello di creare danni emotivi, difficili poi da rimediare.

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Traghettare un figlio, un nipote, un amico, un collega al di là del suo sbaglio con fermezza e dolcezza, invece, fortifica il suo ed il nostro equilibrio interiore e sortisce l’effetto di una vera e propria pedagogia tendente al miglioramento di sé. Tenetene conto quando state per sbottare, respirate e analizzate i motivi del fallimento; solo così saprete raddrizzare il cammino altrui ed il vostro! 

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