Dall’Università di Pisa arriva la super frutta che fa bene, esposta ai raggi UV-B.
Un esperimento condotto da ricercatori dell’Università di Pisa ha mostrato che se la frutta è esposta alla radiazione ultravioletta di tipo B (con frequenza tra 315 e 280 nanometri), ne aumenta il contenuto di sostanze benefiche per la salute.
E non solo nella buccia, ma anche nella polpa.
Dall’Università di Pisa arriva la super frutta che fa bene, esposta ai raggi UV-B
Va ricordato che la radiazione ultravioletta (UV) è un intervallo della radiazione elettromagnetica con una lunghezza d’onda di poco inferiore alla luce visibile dagli esseri umani e di poco superiore a quella dei raggi X. La luce ultravioletta è circa il 10 per cento della radiazione solare.
Gli studiosi del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali di Pisa hanno dunque scoperto che l’esposizione ai raggi UV-B aumenta il contenuto di sostanze benefiche per la salute non solo nella buccia ma anche nella polpa.
Si sa ormai da tempo che la radiazione ultravioletta favorisce la sintesi di molecole ad alta efficacia antiossidante, ma le ricerche condotte fino ad ora si erano focalizzate praticamente solo sulla buccia.
Il gruppo di ricerca pisano, guidato da Annamaria Ranieri, in uno studio condotto sulle pesche ha osservato che gli effetti benefici non si fermano alla buccia, ma riguardano anche la polpa.
Portato avanti insieme all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e all’University of Natural Resources and Life Sciences di Vienna, lo studio è stato pubblicato nella rivista internazionale Food Chemistry.
Dagli esperimenti condotti dal gruppo di ricerca pisano si è evidenziato che il trattamento con radiazione UV-B determina soprattutto un aumento di carotenoidi e di composti fenolici con una grande efficacia antiossidante, come flavonoli, flavoni e flavanoni.
Il dato nuovo, come si è anticipato, è che questo aumento di sostanze è stato accertato non solo nello strato superficiale della frutta, ma anche nella polpa.
Dal punto di vista scientifico l’esperimento pone un interrogativo interessante. E cioè: se è vero che la buccia e capace di schermare i raggi UV-B, come può accadere che nella polpa aumentino le sostanze antiossidanti?
Come spiega il ricercatore Marco Santin, «l’arricchimento di questi composti nella polpa sottostante potrebbe essere dovuto a meccanismi chimico/fisici di interazione tra buccia e polpa ancora inesplorati».
La possibile conseguenza pratica di questa scoperta è presto detta: se la frutta viene trattata con questa radiazione, delle sostanze benefiche che contiene potranno beneficiare anche le persone che hanno l’abitudine di pelare la frutta prima di mangiarla.